La Seta
Telaio

“Quando accordi la tua voce di sirena
al suono delle fila e di cannelli
sembri una bella maga che incatena
gli amanti con un fil de suoi capelli.
Tra quelle fila ahimè, l’anima mia
Al par della tua spola, or viene, or va,
e vi rimane presa nell’armonia.
di quel dolce tricche, tricche, tra…

Vincenzo Padula

Molte sono le leggende legate alla seta. Alcune arrivano dalla Cina, delle quali una parla di un'imperatrice che notò dei bozzoli sui rami di alcuni alberi di gelso nei giardini imperiali e uno cadde accidentalmente nel suo tè. Quando tentò di recuperarlo, si accorse che esso si era plasmato in un lungo filamento; l'altra invece racconta sempre di una principessa cinese andata in sposa ad un principe indiano, la quale aveva nascosto alcuni semi di gelso ed le uova di baco da seta nel suo copricapo (o nei capelli), così nel suo nuovo paese, lei avrebbe potuto continuare e produrre la seta per i suoi vestiti. Altre leggende parlano dei monaci che portarono i segreti della seta a Bisanzio.

Il dibattito, ancora aperto tra gli studiosi, non ha ancora definito a chi è dovuta l’introduzione e la diffusione della seta in Italia e nell’Europa.

Alcuni pensano sia da attribuire agli arabi, altri ai normanni, altri ancora ai bizantini. Da recenti studi però sembra che si possa affermare che il gelso bianco (dal quale deriva la seta) abbia cominciato la sua avanzata in Italia e poi in Europa proprio a partire dalla Calabria, dove fu introdotto dai Bizantini già alla fine del IX secolo. In Italia, a quell’epoca, si conosceva solo il gelso nero, con cui era più difficile allevare i bachi.

Nei secoli successivi la presenza del gelso si estese. Un’epoca di forte espansione fu proprio il Cinquecento. La gelsicoltura avanzò ovunque in Italia: dal Sud verso le regioni centro-settentrionali.

la Calabria, e Catanzaro in particolare, svolse un ruolo significativo in questa crescita e l’influenza della seta sull’andamento dell’economia di tutta la regione fu di fondamentale importanza. In valore, la seta fu per secoli la maggiore esportazione calabrese. I redditi che, grazie alla sua vendita fuori della regione, affluivano all’interno avevano ripercussioni di ampio raggio sull’economia e sulle vicende di tutti i gruppi sociali.

Per dare alcuni elementi di valutazione, si tenga presente che nel 1610 il valore dei 200-250.000 chilogrammi di seta che si esportavano ogni anno dal Regno di Napoli -senza la Sicilia - era pari a 3 milioni di ducati. L’esportazione riguardava -come si scriveva allora- la "seta lavorata e sana": e cioè i tessuti di seta e la seta greggia (G. Galasso, Il Mezzogiorno nella <<crisi generale>> del Seicento, in Id., Alla periferia dell’impero. Il Regno di Napoli nel periodo spagnolo, Einaudi, Torino, 1994, pp. 219-220).

La sola materia prima valeva circa 1 milione e mezzo di ducati. Questa seta proveniva quasi completamente dalla Calabria. Benché Napoli fosse allora la città più importante del Regno per la produzione di tessuti di seta, una certa quantità veniva realizzata anche in Calabria e soprattutto a Catanzaro.

Il valore complessivo,di seta greggia e tessuti. prodotto in Calabria doveva, dunque, corrispondere a circa 2 milioni di ducati. Nello stesso periodo un bracciante calabrese riceveva come salario mensile 1 ducato insieme a un mezzo quintale di grano (che più o meno, in valore, raddoppiava il salario in moneta).

Col ricavato dell’esportazione della seta dalla Calabria si sarebbero potuti pagare, dunque, i salari di ben 80-90.000 lavoratori. Dato che il salario di un lavoratore agricolo, sia pur basso, è pur sempre circa il doppio del reddito medio di una persona, il valore della seta esportata poteva corrispondere al reddito annuo di 150-200.000 individui. Si consideri solo che, alla stessa epoca, la popolazione della regione era di 500.000 abitanti. Se anche si volesse ridurre il valore della seta -materia prima e drappi- realmente prodotto in Calabria, il rilievo per l’economia della regione rimarrebbe, comunque, ancora considerevole. (Paolo Malanima - Ordinario di Storia Economica presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catanzaro).

Anche per Francavilla Angitola e per i paesi limitrofi la seta rivestì un’ importanza non secondaria per la loro economia. Importanza testimoniata dai progetti  di ricostruzione dei paesi che rimasero colpiti dal terremoto del 1783 e per i quali i sindaci chiesero fortemente che oltre alle strutture per le istituzioni pubbliche e religiose fossero costruiti anche dei mangani. Lo fece il sindaco di Polia che chiese di prevedere nei villaggi di Minniti e Caria di Polia, oltre che “la chiesa parochiale, la casa del governatore, le carceri” anche “j mangani per la seta” ASCZ,CS, Miscellanee,b.28,f.512, Supplica del sindaco di Polia Francesco Antonio Stillitano a D. Carlo Pedicini 1790.

Lo stesso decisero per Francavilla Angitola gli ingegneri Winspeare e La Vega, che vi prevedono “j manghani di seta”. Anche se, a detta del sindaco di Francavilla Angitola , “se si avessero à costruire j mangani di seta in detto luogo di Ziopà, oltre che ciò sarebbe impossibile, non essendovi acqua ne commodo per quindici fornaci circa che si vogliono mettere in ogni anno in questa terra, pure in tal caso si metterebbe questa povera popolazione nella precisa necessità di non esercitare più l’industria dei motricati, non essendo li possibile trasportardue miglia distante il funicello, le legna, il mangiare, j mastri trattori, e tutt’altro che nel riconcontro è necessario; ed in si fatta maniera accrescierebbero le miserie di questa popolazione […] e il regio erario soffrirebbe la perdita di ciò che li compete; tre o quattro mila libre di seta, che suol produrre questa terra”; ASCZ,CS,Miscellanea,b.28,f511,Supplica del Sindaco di Francavilla Angitola,1786.

Il mangano è una specie di grossa cesoia costituita da due elementi in legno, uno inferiore e uno superiore, legati tramite un perno nella parte inferiore, a sistema di maschio e femmina, tra i quali, facendo forza sul manico, consistente in un prolungamento della parte superiore, si procede ad una ultima e definitiva ripulitura della parte legnosa. A. Cugliari, Maierato un paese di ieri nella realtà di oggi, Mapograf, Vibo Valentia 1994, pp 109-113.

A conferma dell’importanza della produzione della seta a Francavilla Angitola ci viene in aiuto una descrizione del notaio Nicola Bruni che svolse l'attività di «Publico e Regio Notaro» a Francavilla dal 1778 al 1801e che redisse una descrizione del terremoto del 1783 a Francavilla Angitola (Il terremoto del 1783 - Foca Accetta) scrive vi dirò il mottivo come moriro in questa Patria le persone già morte, al num(er)o di 52: queste (4) per l'ansietà di covare il Sirice, e far buoni Notricati dentro le case”.

Anch’egli testimone di quell’evento ci dice che molti francavillesi sono morti perché rimasti dentro casa pur in presenza di scosse di terremoto, se pur di lieve entità per l’ansia di “covare il Sirice” , ossia allevare il baco da seta.

Dalla supplica del sindaco di Francavilla Angitola inoltre si intuisce quale importanza economica rivestisse tale attività per la comunità francavillese, visto il riferimento preciso a quella che era la capacità produttiva del paese “tre o quattro mila libre di seta, che suol produrre questa terra”.

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Baule Emigrante

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