A Sarza
Sarza

Agosto, oltre che essere il mese della festa di San Foca Martire, del mare e del ritorno degli emigranti, era anche il mese dei pomodori.

Era il mese in cui quasi tutte le famiglie facevano a "sarza", o come la chiamavano altri, a "cunserva e pumadora". Se ne faceva in quantità tale che sarebbe dovuta bastare fino all'anno successivo. La quantità era legata alla capacità economica della famiglia alla grandezza del nucleo familiare.

Ogni anno si riapriva la discussione se era più buono il pomodoro San Marzano o quello Roma o, per chi i pomodori li doveva comprare, se erano meglio quelli di "cumpara Ntuoni" o quelli di "cumpara Cicciu".

Una volta scelti i pomodori, o raccolti per chi ce li aveva, si decideva il giorno e si avvisavano tutti gli amici e i parenti che potevano essere in grado di dare una mano.

Si compravano i tappi di sughero, lo spago, si lavavano le bottiglie e si cominciava il giro per procurarsi un numero sufficiente di "sitacci" ,per poter spremere i pomodori, e un adeguato numero di imbuti delle "virguli".

Anche in questa occasione scattava la solidarietà tipica delle società contadine, infatti non solo i parenti partecipavano ma tutti i vicini e questo aiuto era reciproco.

Il giorno prefissato ci si alzava di buon mattino, perchè bisognava evitare il sole, e la prima operazione che si compiva era quella di schiacciare i pomodori dentro a delle vasche enormi di lamiera( non c'era ancora la plastica) piene di acqua, che con grande fatica si era portata coi secchi dalla fontana. Mia madre l'acqua la prendeva dalla fontana situata nella pizza della chiesa della Madonna delle Grazie.

Si cominciava quindi a "passare" i pomodori con i "sitacci " e quando questi si riempivano di sarza si svuotavano in un recipiente, da cui altri avrebbero attinto con i "coppina " (mestoli) per riempire le bottiglie. Ogni tanto la salsa non scendeva e bisognava aiutarsi con "a virgula ". Una volta riempite le bottiglie venivano tappate con l'ausilio di uno strumento in cui si infilava il tappo di sughero e quindi con il martello si picchiava fino a raggiungere lo scopo. Era questa una operazione molto delicata perchè spesso si rompevano le bottiglie. Per facilitare questa operazione i tappi venivano unti con dell'olio.

Cominciava a questo punto l'operazione più difficile che era quella di legare le bottiglie in modo tale di fissare i tappi ed evitare che una volta messe sul fuoco, a seguito della pressione, potessero saltare. Non erano molti quelli che sapevano legare le bottiglie e quelli che lo sapevano fare in quelle settimane avevano le mani pieni di vesciche.

Una volta riempite tutte le bottiglie si predisponeva sopra "u tripuodi " "a coddara ", un enorme pentola di rame, nella quale dopo aver posizionato degli stracci si sistemavano le bottiglie. Quest'operazione veniva considerata molto delicata perchè durante la bollitura le bottiglie, se non adeguatamente posizionate, si potevano rompere.

Finalmente si accendeva il fuoco per la bollitura che durava per diverse ore. Dopo tanto lavoro si svuotava "a coddara" e dopo aver verificato lo stato delle bottiglie quest'ultime si posizionavano negli scaffali in attesa dell'inverno.

Casse di pomodori

 

 

 

 

 

Passata di pomodori

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